Diritto Canonico
Codex canonum ecclesiarum orientalium
Dichiarazione di nullità del sacramento del matrimoni
Con dichiarazione di nullità del sacramento del matrimonio si intende quel riconoscimento legale ad opera del Tribunale Ecclesiastico che, in virtù del Diritto Canonico cattolico, riconosce la nullità del Sacramento del Matrimonio. Comunemente si parla di “annullamento della Rota”, ma tecnicamente si tratta di un “riconoscimento di nullità”.
Infatti secondo la dottrina cattolica il matrimonio è uno e inscindibile, pertanto non possono sussistere motivi di annullamento o risoluzione del matrimonio stesso. Se invece viene verificata ex post la sussistenza di una causa di nullità, tale da viziare la validità del matrimonio contratto, il Tribunale riconosce la nullità del vincolo e dichiara lo scioglimento dei coniugi dai diritti e dagli obblighi di coniugio.
Motivi di nullità
Nell’individuazione delle cause di nullità, sono certamente ammesse ragioni legate alla natura spirituale del vincolo e perciò la mera formalità di una pur corretta conduzione di un ménage matrimoniale, può ben essere vinta da un’analisi sostanziale che disveli che alla forma non era conseguita sostanziale corretta ricezione spirituale del sacramento da parte di uno o entrambi i coniugi.
Il tribunale stabilisce se un matrimonio era nullo in partenza ossia se un matrimonio realmente non c’è mai stato, e questo, perché esisteva almeno una condizione da non renderlo tale.
Le persone il cui matrimonio religioso è stato riconosciuto nullo dal Tribunale Apostolico della Romana Rota, SONO LIBERE DI RISPOSARSI UNA SECONDA VOLTA IN FORMA RELIGIOSA, anche se ad alcune di esse può essere comminato un divieto amministrativo a contrarre nuove nozze senza il consenso della Curia di appartenenza.
Per la Chiesa cattolica LA NULLITÀ SIGNIFICA CHE MATRIMONIO NON VI È STATO, pertanto esse non sono mai state sposate prima e sono quindi libere di creare un nuovo legame.
Di seguito elenchiamo più specificamente i vari motivi di nullità che sono contemplati dal codice di diritto canonico:
L’impotenza (can. 1084 c.i.c.)
L’impedimento di impotenza, disciplinato dal can. 1084 del codice di diritto canonico (c.i.c.) attiene all’incapacità, sia per l’uomo che per la donna, di porre in essere l’atto sessuale per cause di diversa natura organica (ad es. per l’uomo incapacità di erezione del membro o per la donna il vaginismo) ovvero di natura funzionale (quando l’impotenza deriva da cause psichiche).
Per rendere nullo il matrimonio la norma stabilisce che l’impotenza copulativa deve essere antecedente al matrimonio nonché perpetua, sia da parte dell’uomo sia da parte della donna, sia nei confronti di qualsiasi soggetto (assoluta), sia nei confronti solo del proprio partner (relativa).
Si dice perpetua l’impotenza che non è guaribile se non con mezzi illeciti o straordinari che ad. es. possano mettere a repentaglio anche la vita dello stesso paziente.
Se l’impedimento di impotenza è dubbio, il matrimonio non deve essere impedito né dichiarato nullo.
La sterilità né proibisce né dirime il matrimonio, a meno che la parte sterile abbia nascosto dolosamente la sua condizione al coniuge il quale se avesse saputo della sterilità non avrebbe acconsentito a contrarre matrimonio.
Incapacità per insufficiente uso di ragione (can. 1095 n. 1 c.i.c.)
Sono incapaci a contrarre matrimonio coloro che mancano di sufficiente uso di ragione.
L’uso di ragione indicato al numero 1 del can. 1095 attiene alla natura dell’atto presente quando per un motivo contingente la parte non abbia sufficiente ragione per comprendere il patto matrimoniale che sta per concludere. In quel momento il nubente non ha il dominio congiunto e armonico delle sue facoltà sensitive, appetitive, intellettive e volitive, necessario a far sì che il suo atto di contrarre sia atto umano (Villadrich).
Questo può avvenire a causa ad esempio di assunzione di farmaci, alcool, ovvero sostanze stupefacenti.
Incapacità per difetto di discrezione di giudizio (can. 1095 n. 2 c.i.c.)
L’incapacità consensuale attiene anche coloro che difettano gravemente di discrezione di giudizio circa i diritti e i doveri matrimoniali essenziali da dare e accettare reciprocamente.
Il soggetto in questo caso non è in grado di valutare dal lato pratico, gli effetti del matrimonio che sta per contrarre, sia in relazione a se stesso sia in relazione al coniuge.
Incapacità per cause di natura psichica (can. 1095 n. 3 c.i.c.)
Attiene coloro che per cause di natura psichica, non possono assumere gli obblighi essenziali del matrimonio.
Dette cause rientrano in psicopatologie che l’antropologia richiede essere serie. Non bastano infatti delle semplici difficoltà insorte tra i coniugi per dichiarare la nullità del matrimonio.
Le cause di natura psichica possono essere varie tra cui: il narcisismo, il transessualismo, il lesbismo, la ninfomania, il voyerismo, il sadismo, il masochismo, la noncuranza o negligenza strafottente (“menefreghismo”), il satirismo, l’alcolismo cronico, la tossicodipendenza etc.
Ignoranza (can. 1096 c.i.c.)
Perché possa esserci un valido consenso matrimoniale, è necessario che i contraenti almeno non ignorino che il matrimonio è la comunità permanente tra l’uomo e la donna, ordinata alla procreazione della prole mediante una qualche cooperazione sessuale.
Tale ignoranza non si presume dopo la pubertà.
Errore (can. 1097 § 1 e § 2 c.i.c.)
L’errore è una falsa conoscenza della realtà per cui la volontà di un atto dipende dalla convinzione dell’esistenza di una situazione di fatto che in realtà non esiste.
L’errore di persona (can. 1097 § 1 c.i.c.) rende invalido il matrimonio laddove ad esempio: “pensavo di sposare il Tizio, invece ho sposato Caio”.
L’errore circa una qualità della persona (can. 1097 § 2 c.i.c.), quantunque sia causa del contratto, non rende nullo il matrimonio, eccetto che tale qualità sia intesa direttamente e principalmente. Un esempio classico è quello del coniuge che contrae matrimonio con il partner che ritiene (erroneamente), essere medico laureato in medicina e proprio questa qualità di medico ha determinato principalmente e direttamente il suo consenso.
Ai fini della dichiarazione di nullità occorre distinguere che l’errore cada sulla sostanza e non sulla persona.
La nullità ha luogo pertanto nel caso in cui il coniuge ha inteso: “Voglio sposare un farmacista, che ritengo essere tizio”. Diverso sarà invece il caso: “Voglio sposare Tizio, che ritengo essere un farmacista”. Nel secondo caso l’errore ricade sulla persona e non sulla sostanza e dunque il matrimonio sarà valido.
L’errore circa l’unità o l’indissolubilità o la dignità sacramentale del matrimonio non vizia il consenso matrimoniale, purché non determini la volontà. Ad esempio Tizio sposa Caia solo sul presupposto (erroneo) che il matrimonio non sia indissolubile ovvero che non sia un sacramento e che, in qualsiasi momento potrà riacquistare la propria libertà tramite il divorzio risposandosi con un’altra persona.
Dolo (can. 1098 c.i.c.
Il dolo è un vero e proprio inganno voluto coscientemente, relativo ad una qualità particolare che viene ordito nei confronti della comparte per estorcergli il consenso nunziale.
Il codice stabilisce che contrae invalidamente chi celebra il matrimonio, raggirato con dolo ordito per ottenerne il consenso, circa una qualità dell’altra parte, che per sua natura può perturbare gravemente la comunità di vita coniugale.
L’inganno può essere ordito sia dall’altro coniuge sia da terze persone diverse dal coniuge, come ad esempio suoi parenti.
Simulazione – o esclusione (can. 1101 c.i.c.)
La simulazione è una difformità tra volontà interna e manifestazione esterna. Il codice stabilisce che il consenso interno dell’animo si presume conforme alle parole o ai segni adoperati nel celebrare il matrimonio. Ma se una o entrambe le parti escludono con un positivo atto di volontà il matrimonio stesso, oppure un suo elemento essenziale o una sua proprietà essenziale, contraggono invalidamente. La simulazione viene detta anche esclusione.
Si ha la simulazione totale quando il contraente esclude il matrimonio nella sua totalità interpretando il rito del matrimonio in realtà una rappresentazione teatrale. In questo caso il simulante esclude sia le proprietà che gli elementi essenziali del matrimonio.
L’esclusione dell’indissolubilità si verifica quando il contraente manifesti una riserva mentale per cui escluda l’indissolubilità del matrimonio ritenendo di potere divorziare qualora le cose non vadano bene durante la vita coniugale.
L’esclusione della prole attiene alla volontà di procreare dei figli nel corso del matrimonio. In questo caso occorrerà esaminare attentamente se l’uso di metodi anticoncezionali sia finalizzato ad una procrastinazione della procreazione ovvero ad una esclusione assoluta della volontà di avere figli.
L’esclusione dell’unità coniugale ammette la possibilità di avere delle relazioni sessuali con altre persone diverse dal coniuge in corso di matrimonio. Si nega pertanto l’esclusività della donazione di se al coniuge.
L’esclusione della dignità sacramentale si ha quando il contraente esclude che il patto matrimoniale sia esso stesso sacramento. Egli vuole il matrimonio ma esclude il sacramento, e se il matrimonio dovesse essere sacramento, rifiuta il matrimonio stesso.
Condizione (can. 1102 c.i.c.)
La condizione è una circostanza esterna da cui dipende l’efficacia di un atto giuridico.
Non si può contrarre validamente il matrimonio sotto condizione futura mentre il matrimonio celebrato sotto condizione passata o presente è valido o no, a seconda che esista o no il presupposto della condizione. Pertanto nel caso in cui il contraente ritenga: “ti sposo a condizione che tu sia un avvocato (condizione presente) oppure a condizione che tua abbia fatto il liceo artistico (condizione passata)” il matrimonio sarà valido se effettivamente nel momento della celebrazione il coniuge è avvocato o se a suo tempo si è diplomato presso il liceo artistico.
Non sarà invece valido ad es. il matrimonio in cui viene posta la condizione: “ti sposo a patto che entro due anni dal matrimonio farai abitare mia madre anziana in casa nostra”. In questo modo il legislatore ha cercato di evitare dei vincoli futuri e dunque, ancora incerti, al volontario consenso matrimoniale.
Timore – o Metus (can. 1103 c.i.c.)
Il timore è la trepidazione o l’inquietudine dell’animo a causa di un pericolo immediato o futuro.
È invalido il matrimonio celebrato solo per violenza o timore grave incusso dall’esterno, anche non intenzionalmente, per liberarsi dal quale uno sia costretto a scegliere il matrimonio.
Solo il timore grave incusso dall’esterno invalida il matrimonio. In caso di timore reverenziale il matrimonio non è nullo a meno che detto timore reverenziale non sia rivestito di gravità, nel qual caso potrebbe dare adito a nullità.
La forma canonica (cann. 1108 e seg. c.i.c.)
Il sacerdote che non abbia i requisiti formali di delega per assistere al matrimonio può determinare una causa di nullità per difetto di forma canonica.
Confronto tra dichiarazione di nullità canonica e divorzio civile
La dichiarazione di nullità è diversa dal divorzio del diritto civile:
il divorzio riconosce la validità del precedente matrimonio, ne stabilisce la fine e gli obblighi verso il coniuge più debole;
la dichiarazione di nullità, invece, sancisce che (a livello giuridico) il MATRIMONIO PRECEDENTE NON C’È MAI STATO e quindi non sussistono obblighi a protezione del coniuge più debole.